grazie Maria Teresa, di pensiero in pensiero mi fai tornare a Baumann (voglia di comunità, 2000) che non è certo dolce di sale col "nuovo cosmopolitismo" delle "persone affermate" che non hanno bisogno della comunità. Anzi, nel riprendere Dench, ci lascia di sasso nell'indicarci il tratto saliente della comunità, che istiga a uscirne chiunque se lo possa permettere... brrr
Altra questione campale posta da Maria Teresa, partire o restare, ovvero conosco, comprendo meglio andandomene in giro o restando a casa a conoscer sempre meglio "a partire dai sassi?". Neanche io ho risposte, ma mi è molto piaciuto in proposito il dilemma turista/pellegrino posto anni fa da Baumann. Il testo dovrebbe essere reperibile liberamente in rete. Andare per cercare una conferma di ciò che si pensa e si è o per essere aperti, pronti al cambiamento (proprio, non degli altri)? Peccato che questa nostra cultura dileggi un po' il pellegrinare, che accosta all'errare, al vagabondare, attività non finalizzate all'efficienza socio economica
Grazie, Adriana, sempre stimolanti le tue riflessioni: evocando il dilemma turista/pellegrino e il dominio dell'efficienza socio-economica, mi hai fatto venire in mente un'altra figura di viaggiatore contemporaneo, quella del nomade digitale. Ce ne sono sempre di più, e il mercato, inutile dirlo, va loro incontro (proprio ieri sul Times ho letto questo articolo: https://www.thetimes.com/uk/society/article/work-from-alps-meet-the-britons-who-ski-on-their-lunch-break-7qzkj7wgr)
Sul tema del (non) viaggiare, segnalo un recente numero monografico di Granta, il 157, dell’autunno 2021, intitolato emblematicamente “Should We Have Stayed at Home?” Linko il testo introduttivo, “On Staying at Home”, del curatore del numero, William Atkins.
grazie Maria Teresa, di pensiero in pensiero mi fai tornare a Baumann (voglia di comunità, 2000) che non è certo dolce di sale col "nuovo cosmopolitismo" delle "persone affermate" che non hanno bisogno della comunità. Anzi, nel riprendere Dench, ci lascia di sasso nell'indicarci il tratto saliente della comunità, che istiga a uscirne chiunque se lo possa permettere... brrr
Altra questione campale posta da Maria Teresa, partire o restare, ovvero conosco, comprendo meglio andandomene in giro o restando a casa a conoscer sempre meglio "a partire dai sassi?". Neanche io ho risposte, ma mi è molto piaciuto in proposito il dilemma turista/pellegrino posto anni fa da Baumann. Il testo dovrebbe essere reperibile liberamente in rete. Andare per cercare una conferma di ciò che si pensa e si è o per essere aperti, pronti al cambiamento (proprio, non degli altri)? Peccato che questa nostra cultura dileggi un po' il pellegrinare, che accosta all'errare, al vagabondare, attività non finalizzate all'efficienza socio economica
Grazie, Adriana, sempre stimolanti le tue riflessioni: evocando il dilemma turista/pellegrino e il dominio dell'efficienza socio-economica, mi hai fatto venire in mente un'altra figura di viaggiatore contemporaneo, quella del nomade digitale. Ce ne sono sempre di più, e il mercato, inutile dirlo, va loro incontro (proprio ieri sul Times ho letto questo articolo: https://www.thetimes.com/uk/society/article/work-from-alps-meet-the-britons-who-ski-on-their-lunch-break-7qzkj7wgr)
Sul tema del (non) viaggiare, segnalo un recente numero monografico di Granta, il 157, dell’autunno 2021, intitolato emblematicamente “Should We Have Stayed at Home?” Linko il testo introduttivo, “On Staying at Home”, del curatore del numero, William Atkins.
https://granta.com/introduction-william-atkins/