Cartolina dalla vecchiaia / 2
Dove si parla di elefanti importuni e di vecchi saccenti (me inclusa)
In questi giorni mi sono imbattuta spesso in una pubblicità di PayPal: un gruppo di amici deve dividere il conto alla fine di una cena o decidere le quote per un regalo, ma oltre il vetro della finestra un elefante barrisce e batte con la proboscide cercando di entrare. Per fortuna, grazie alla funzione di PayPal che consente di spartire automaticamente fra più persone una certa spesa, i soldi verranno prelevati dai vari conti senza che se ne debba parlare, e l’elefante - cioè il problema noto a tutti ma troppo imbarazzante per essere discusso apertamente - scomparirà.
E’ una pubblicità che mi colpisce per due motivi almeno. Il primo è l’elefante: fino a non molto tempo fa credevo che l’elefante nella stanza, the elephant in the room, fosse “un'espressione tipica della lingua inglese”, come del resto la definisce Wikipedia (versione italiana). Ma a quanto pare, il modo di dire è entrato anche da noi nell’uso corrente, se oggi lo si usa in pubblicità, dando per scontato che sarà capito. (E comunque Wikipedia versione anglofona avverte che è una vecchia storia: già Dostoevskij nei Demoni parla di “un elefante nel museo” più o meno con lo stesso significato, facendo riferimento a un precedente racconto di Ivan Krylov, scrittore ottocentesco poco noto in Italia, ma molto famoso in Russia soprattutto come autore di favole).
Il secondo motivo per cui quella pubblicità mi dà da pensare, è che rispecchia bene il mio atteggiamento ambivalente verso PayPal: da un lato lo trovo effettivamente molto comodo, tra i vari metodi di pagamento online; dall’altro diffido di questa comodità, che mi sembra (è) l’ennesima trappola di quello che con qualche riluttanza definirò il sistema tecnocapitalista - e il fatto che a finanziare inizialmente PayPal siano stati tra gli altri Elon Musk e Peter Thiel, cioè due persone che quasi sempre esprimono pareri e posizioni con cui sono in disaccordo, aumenta il mio disagio. Meglio convivere con il fastidio (l’elefante) due minuti o aggiungere qualche centesimo ai triliardi di Thiel? (Musk è uscito dalla società, ma la questione di fondo non cambia).
In ogni caso, mi rendo conto che di fronte alla pubblicità di PayPal come a mille altre cose, le mie sono le elucubrazioni di chi è nato e cresciuto in un’epoca differente, e si muove adesso in un territorio nuovo con un misto di curiosità, cautela, diffidenza - insomma, le elucubrazioni di una persona vecchia. Ma questa io sono, e le reazioni alla mia cartolina dalla vecchiaia dell’altro giorno - anche da parte di lettori che hanno meno di quarant’anni (e quindi, secondo i parametri attuali, si possono definire giovani) - confermano il commento dell’amico Emanuele Bevilacqua che qui su Substack ha una newsletter intitolata Attention as Art: “Questo è un tema importante per tutti. Mai così tanti over 65 nel mondo, ma anche mai così tanti giovani, come ce ne sono oggi per effetto della crescita della popolazione. Oltre due miliardi sono giovanissimi e occorre un dialogo nuovo fra generazioni”.
Per niente facile, lo dico per faticosa esperienza personale, ma probabilmente necessario, come dice Emanuele, se non altro per uscire dall’idea che esiste una sola vecchiaia. In questo periodo, visto che è diventato un po' il mio elefante personale, e non c'è verso che lo faccia uscire dalla stanza, né lo voglio, sto cercando di decifrarle e distinguerle, le vecchiaie che mi capitano davanti, e sono quasi arrivata alla conclusione che due perfettamente uguali non esistono, e che se proprio vogliamo catalogarle a ogni costo, i fattori dirimenti sono due (e scusate l'ovvietà): la salute e la classe sociale o, se si preferisce, la disponibilità economica.
A costo di confermarmi la criticona che sono sempre stata, da molto prima che mi venissero i capelli bianchi, non ho simpatia per le pillole di saggezza che vecchi sani e benestanti dispensano a chi vorrà ascoltarli, anche quando dicono cose su cui mi trovo d’accordo (inutile dire che l’antipatia, grouchomarxianamente, include pure me). Ormai la vecchiaia è trendy, mi ha detto qualcuno l’altro giorno, elencando i libri e gli articoli sull’argomento. Per indossare "con eleganza la propria età", ci insegna per esempio Beppe Severgnini in un libro che uscirà per Rizzoli il 28 gennaio (Socrate, Agata e il futuro. L'arte di invecchiare con filosofia), “serve comprendere il potere della gentilezza, imparare dagli insuccessi, allenare la pazienza, frequentare persone intelligenti e luoghi belli, che porteranno idee fresche”. Ma, dico io, forse che chi ha meno di cinquant’anni può permettersi di sfogare le sue incazzature randellando il prossimo? E grande stima per Renzo Piano, ma non riesco a reprimere una certa irritazione leggendo un'intervista (a Paolo Valentino su 7, il supplemento del Corriere della Sera) in cui dice che quando sei vecchio, “sei la somma di tutte le persone che hai conosciuto e amato, gli amici che hai avuto, i film che hai visto, i viaggi che hai fatto, i libri che hai letto”. Sarà vero, ma se non sei l’autore del Beaubourg e di The Shard (piacciano o no), e magari hai passato tutta la vita nello stesso paesetto, vali di meno?
Se devo scegliere un guru, preferisco il mio coetaneo Hanif Kureishi, anche lui qui su Substack, che dopo quello che gli è successo, non pretende di abitare nel migliore dei mondi possibili e non si atteggia a martire: “Ho vissuto più a lungo di mio padre, che è stato malato per gran parte della mia vita adulta. Il mio incidente è arrivato all'improvviso e ancora oggi mi sveglio alle sette del mattino, con la sorpresa di trovare due estranei nella mia stanza: il mio io ferito e la badante, che mi dà sempre il buongiorno mentre mi preme una cannuccia di metallo tra le labbra. Sono entrato nella zona della morte: diversi amici hanno annunciato di avere tumori di vario tipo e di essere sotto chemio, o in attesa di operazioni. Ad altri è stata diagnosticata la demenza e problemi cardiaci. C'è qualcosa di consolante in questo; una sorta di solidarietà, non sono solo nella mia infelicità, e sono arrivato ad apprezzare le lamentele e le esperienze ospedaliere degli altri. Invidio il mio io più giovane. Eccolo scendere da un aereo a Londra, di ritorno da Los Angeles e dagli Oscar, abbronzato e sicuro di sé, con il viso arrossato per la prima volta nella sua vita, tutto davanti a sé”.
E ho ricevuto con piacere il messaggio di un altro amico, Alessandro D., che brontola per “il limite di età lavorativa che non esiste negli Usa e che qui potrebbe essere più flessibile”: “Mi considero una persona che ha perso parte dei diritti civili, come gli under 18. Sono due categorie protette. Sono stato obbligato a lasciare il lavoro a 67 anni esatti e avrei preferito continuare, e infatti ho continuato in altro modo. D'altra parte si è anche spinti a cercare di fare quelle cose che non si ha mai avuto il tempo di portare avanti in precedenza e quindi, secondo me, bisogna sempre guardare avanti. Questo è quello che cerco di fare”.
Scrivo questa seconda cartolina dalla vecchiaia da Palermo, città dove ero stata tre o quattro volte sempre di fretta e che adesso visito, includendo anche i poco amati “percorsi turistici” (ieri, a proposito, le cosiddette catacombe dei cappuccini). Ne scriverò forse nei prossimi giorni. Ora, buon anno a tutti!
(Avvertenza: in una prima versione della newsletter Elon Musk veniva erroneamente presentato come azionista di PayPal, che effettivamente ha contribuito a fondare, ma da cui è uscito nei primi anni Duemila).
Grazie, cara Adriana, cercherò il libro di Mantovani. La parola "anziani" non mi piace molto, ma la distinzione tra vecchi veri e falsi è interessante, mi pare possa aprire diverse domande: sul passaggio di testimone, certo, e pure sul rapporto con la propria decadenza e con la perdita di potere che la vecchiaia (maschile e forse di più femminile) quasi sempre comporta. In questo senso sono diffidente (ma non in guerra!) rispetto a Renzo Piano: perché lui è un vecchio potente, parla da una posizione di privilegio che appartiene a pochi vecchi.
Bellissimo Bellissimi!! Grazie e Buon Anno!